La Grande Riffa

il Cubo
L'invito si è portato appresso il vincolo del Cubo. Il Cubo Garutti, ufficialmente Piccolo Museion è stato il punto di partenza del progetto La Grande Riffa. Quando ho incontrato Daniele Ansidei e Alessandro Sambini l'idea aveva già preso forma da sé. Loro quel giorno erano stati nel quartiere per tastare la sensibilità dello stesso verso il Cubo. Fingendosi persone alla ricerca del Piccolo Museion, chiedevano alla gente informazioni per raggiungerlo, quale era la loro idea e infine cosa sarebbe stato meglio fare. Nel mix di considerazioni negative e positive (più negative che positive) emergeva una discreta predominanza di proposte: “io ci farei la lap-dance, tagliare gli alberi è un'arte” e così via. In quel momento nasce l'idea di lasciare il Cubo alle proposte del quartiere.
non sarà questa un'opera d'arte
Il Piccolo Museion è stato pensato e progettato da Alberto Garutti come il luogo di una traslazione, dal centro verso la periferia, del patrimonio artistico. Un'opera-zione democratica, tesa a risolvere lo iato nei consumi culturali, fra classi economicamente agiate e quelle più sofferenti. Il gesto, dal carattere simbolico, ha ambizioni proporzionali alla sua stessa stazza. Dichiara l'artista: in questa piccola stanza saranno esposte opere del Museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano per far sì che i cittadini di questo quartiere le possano vedere. Quest’opera, voluta dalla Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige - Cultura Italiana, è dedicata a tutti quelli che passando di qui anche per un solo istante, la guarderanno1.
La Grande Riffa rilancia sul progetto di Garutti. Da questo punto di vista ne amplifica lo spirito e lo tradisce. Le ambizioni del Piccolo Museion si limitano al piacere che chiunque, non importa quanti, può provare nella contemplazione di un'opera d'arte.
Il progetto originario prende spunto da una ontologia propriamente classica, che vede l'opera d'arte come un oggetto da contemplare e la cui fruizione - comprensione, può dare piacere. Garutti nulla discute di tutto ciò, semplicemente disloca uno spazio “del centro” (sociale, culturale, economico, politico), in un cortile di periferia. Ne sia testimonianza anche la sua stessa costruzione adatta alla sola esposizione di immagine statiche o sculture, riluttante verso schermi, proiezioni, incontri o quant'altro oggi sia affine alla dimensione multimediale della ricerca artistica contemporanea.
La richiesta di Alessandro Sambini e Daniele Ansidei alla gente del quartiere di un'opinione sul Cubo matura due constatazioni. L'incapacità del Cubo di essere sacro o sacrilego e la misura di ciò che che il Cubo non può essere (una attività), e di ciò che il quartiere vorrebbe che fosse (una attività).
cosa può reggere il Cubo?
È la domanda principale o se si preferisce l'ambizione segreta da cui nasce La Grande Riffa. Se avessimo avuto un Van Gogh ci avremmo messo quello.
Quello che l'oggetto non può da solo, lo abbiamo chiesto al processo e al brio della sorte. La cosa che più ci affascina è che il Cubo sia uno spazio di possibilità. Bando al collettivismo e alle ragioni di un processo partecipato. Non ci saranno lunghe sessioni condivise sul da farsi. Alessandro e Daniele chiederanno alla gente d'intorno cosa vorrebbe farci nel Cubo. La selezione delle proposte da produrre sarà affidata alla fortuna. Le categorie classiche di bene e male, bello e brutto non ci interessano. Ancora una volta è un rischio relativo alla stazza. In quanto tale e senza imporre un modello ci sentiamo di percorrerlo.
registro, misura e portata
Il registro, la misura dell'operazione e l'eventuale portata innovativa sono contenute nell'idea carnevalesca che il progetto si porta appresso. Ciò che si discute - la bontà del Piccolo Museion nel micro e l'ontologia dell'arte nel macro - non può prescindere dallo spirito del Carnevale. La cornice si riflette nelle finalità del progetto, ne diventa misura operativa e manifesto.
il Carnevale
Nel 1984 Umberto Eco parlava per la società contemporanea di “Carnevale permanente”: se nei tempi antichi, il carnevale religioso era limitato entro un tempo, l'attuale carnevale di massa è limitato entro lo spazio: esso è sempre consentito in certi spazi, certe strade, o anche negli schermi televisivi2. La riflessione di Eco si allarga oggi al di fuori di “certi spazi”. Il consumo e la dimensione esperienziale dell'economia tendono ad allungare i tempi delle feste e a modificarne il senso. Quando siamo in festa è sempre Carnevale. Anche se il Carnevale è nel mondo occidentale una festa meno sentita del natale, il capodanno o la Pasqua, il suo spirito si è appropriato anche dei parenti più nobili. Natale, Pasqua o anche il riposo domenicale sono sempre più carnevaleschi. Anche il tempo della penitenza, del lutto o della celebrazione ha sempre più i tratti dell'abbondanza, l'abbandono, l'ebrezza, la leicità. Qualche antropologo o studioso del fenomeno potrà forse obiettare che tutto ciò sia lontano dal carattere propiziatorio e liberatorio del Carnevale del passato e che forse il nostro sia solo un surrogato di quello autentico, ma tant'è. Il nostro è un Carnevale diluito nel tempo di ogni giorno, ed è all'interno di tale equilibrio che gioca la sua parte. Ad ognuno sta poi la possibilità di modificare la ricetta, spingere su questo o quel versante. A noi è sembrato corretto (o scorretto a secondo dei punti di vista) lavorare sullo spazio di visione che il quartiere può proiettare nel Cubo. Se il Cubo è uno spazio di possibilità, allora il Carnevale può esserne il migliore interprete. Ad ognuno e alla sorte, poi, il proprio.
ribaltamento e genesi
Nella Grande Riffa il pubblico diventa artista. Lontano da ogni tentazione programmatica, la possibilità di ribaltare contiene in sé il seme della generazione. Michail Bachtin nei suoi studi mette in luce il ruolo del Carnevale nell'evoluzione del teatro moderno. La cultura popolare carnevalesca ha contribuito alla separazione dalle influenze della Chiesa medievale. Anche se il fondamentale nucleo carnevalesco di questa cultura non è la forma puramente artistica dello spettacolo teatrale, e in genere non entra nel campo dell'arte. Si colloca piuttosto ai confini tra l'arte e la vita stessa, presentata sotto la veste speciale del gioco3. Arte e vita sono parole speciali per il dizionario dell'arte contemporanea. In questo caso sono filtrate da un'opera di abbassamento: l'abbassamento significa anche iniziazione alla vita della parte inferiore del corpo, quella del ventre e degli organi genitali e, di conseguenza, di iniziazione ad atti come l'accoppiamento, il concepimento, la gravidanza, il parto, il mangiare voracemente e il soddisfare le necessità corporali. L'abbassamento scava una tomba corporea per una nuova nascita4.
il Vecchio stolto e il Vecchio saggio
...il Vecchio stolto del Carnevale è un Re che ha beatamente perduto il senno, così che la monarchia si capovolge in anarchia. Lo psicoanalista Alberto Spagnoli nel rielaborare la figura del Vecchio stolto rivendica il diritto dell'anziano a liberarsi della ragionevolezza impegnativa e razionale della civitas […] Crediamo che esista una dimensione di mezzo tra quelle del Vecchio saggio e del Vecchio stolto […] Ciò può essere letto in una modalità particolarmente sdramatizzante, nella filosofia del serio ludere che a Carnevale ha una sua propria celebrazione.5
disponibilità e casualità
La Grande Riffa si propone con la disponibilità e la casualità di cui è vettore: la leggerezza del nostro Carnevale, la riduzione della strumentalità e lo spirito di chi nulla sta facendo se non “aprire qualcosa”.
All'estrazione dei progetti vincitori c'è Marylin Monroe, parla metà in americano e metà in veneto, si diverte, come la gente d'intorno. Il primo progetto estratto è la ricerca di marito da parte di una signora del quartiere. Il secondo la richiesta di un distributore di sacchetti per gli escrementi dei cani e il terzo l'esposizione di immagini del quartiere com'era e com'è oggi.
La signora alla ricerca del marito la prima volta ha rimandato l'appuntamento di una settimana. Noi intanto avevamo appeso con il suo consenso l'annuncio sotto il falso nome di Elie Lamberti, una star greca come lei. Alessandro e Daniele avrebbero voluto fotografarla e raccogliere nel giorno degli scatti le eventuali proposte nonché i consigli dei passanti. Forse qualcuno le ha consigliato con un certo anticipo che il matrimonio non vale la candela. La seconda volta una scusa è diventata defezione. La scritta “Elie non cerca più marito” sovrapposta all'annuncio è il finale di questa prima parte.
La Sig.ra Lucia Chieregato è la richiedente del distributore di sacchetti per le deiezioni dei cani. Per due settimane il distributore è stato installato davanti al Cubo con la foto della Signora e del suo cane installata nel cubo. Scaduto il termine il quartiere ha deciso di tenere il distributore che ora è installato qualche metro più in là.
Il terzo ed ultimo progetto era il desiderio di Cristina Tambos di vedere contrapposte le foto del quartiere com'era al tempo della sua fondazione a quelle d'oggi. Avrebbe dovuto lei stessa fare le foto di oggi, ma ha rinunciato per un problema personale piuttosto importante. Sono stati gli stessi Alessandro e Daniele a scattarle. Lei poi sarà passata dal Cubo.
un successo o un fallimento?
Noi non lo sappiamo. Non c'eravamo posti un obiettivo. Hal Foster nella recensione dei libri di Nicolas Bourriaud, Relational Aesthetics e Postproduction e delle Interviews di Hans Hulrich Obrist avvicina le pratiche relazionali ad un movimento più generale legato alla società post-critica e all'arte post-teorica. “At times, the death of the author has meant not the birth of the reader as Roland Barthes speculated, so much as the befuddlement of the viewer”6. I dubbi di Hal Foster sulla capacità di tali attività di abilitare il pubblico sono legittimi. Spesso ai buoni propositi sono seguiti progetti estemporanei. Noi speriamo che ai nostri scarsi propositi possano avere una continuità più prossimale. Forse la fisicità del Cubo è da questo punto di vista, un aiuto.
1Dichiarazione progettuale di Alberto Garutti, in www.museion.it/#projekt_garutti&0&it
2Umberto Eco, The frames of comic freedom, in Thomas A. Sebeok (a cura di), Carnival!, Mouton Publishers, Berlin, New York, Amsterdam, 1984
3Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino, 1979, p. 9-10
4Michail Bachtin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino, 1979, p. 26
5Pier Pietro Brunelli, Carnevale e Psiche, Moretti e Vitali editori, 2008, p. 40-41
6Hal Foster, Chat Rooms, 2004 in Claire Bishop (a cura di), Participation, Whitechapel Gallery, London e MIT Press, Cambridge, Massachusetts, 2006
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