Il Titolo è il Pubblico

Con il solito ritardo, pubblico il testo che ha accompagnato la mostra Il Titolo è il Pubblico presso il Südtiroler Künstlerbund. E' stato un progetto preparato in fretta, ma su basi teoriche forte. Gran parte delle scelte allestitive, almeno le migliori, le ho condivise con Jacopo Candotti a cui va il mio sentito ringraziamento.

Il progetto Il Titolo è il Pubblico prende avvio dalla constatazione della scarsità, nell'ambito delle arti visive, degli studi sul pubblico. Se le arti teatrali e cinematografiche hanno ampiamente approfondito il tema, la storia dell'arte contemporanea, forse ancora vittima di un impianto romantico, ha preferito concentrare le sue attenzioni sugli oggetti, scoraggiando gli studi e le applicazioni pratiche di lavoro creativo con il pubblico. La conseguenza è che il peso di una relazione complessa si è trasferito sulle spalle delle sole opere, sbilanciando l'equilibrio fra produzione e fruizione, tanto rendere concreta la comune credenza che l'arte abiti nell'opera e non nel rapporto che si crea fra le opere e chi le osserva.

Nei presupposti che hanno ispirato il progetto, c'è la convinzione che questo squilibrio abbia avuto delle conseguenze rilevanti rispetto agli attuali parametri di valutazione, elezione e investitura delle opere d'arte. Continuare a pensare «che l'arte sia quella che si trova nei musei e nelle biennali e non quella che sta nelle teste dei fruitori» (Anton Vidokle), ha spinto verso la crescita muscolare del sistema che legittima, l'oscuramento del ruolo pubblico del curatore, l'eclissi della didattica dalle stanze dei bottoni e dai relativi budget, l'iperbolismo stilistico e la sacralizzazione dell'autorialità.
Quello che il progetto azzarda in avvio è che, per paradosso, l'opera d'arte si sostenga oggi sulla assenza o sull'oblio del pubblico.
La mostra per dimensioni e per proprietà dello strumento, è il risultato parziale degli accordi e dei disaccordi che gli artisti hanno dato a questa premessa. Si tratta più che di una serie di risposte, di un laboratorio che ha come unico obiettivo quello di testare alcuni elementi critici, invitare il pubblico a ragionare sulle questioni e sulle soluzioni poste e da cui, questo è l'auspicio, si possano trarre delle indicazioni di merito.
Ad esempio: la retorica dell'accesso, ove trova il suo equilibrio? È possibile che alcune fra le pratiche più vive si siano realizzate quando l'artista ha assunto il nome del pubblico? È possibile che la didattica abbia un ruolo di primo piano nell'impianto evolutivo delle arti? Perché chi guarda non può essere guardato? Cosa racconta di una mostra il suo pubblico?

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