14 luglio

L'Unione europea sta finanziando una strada a scorrimento veloce che taglia fuori i monti. Sarà pronta fra qualche anno, ma per ora, chi vuole andare da Tirana ad Elbasan deve accontentarsi di quella costruita dai fascisti: tortuosa come il passo dello Stelvio, ma senza i bresciani che corrono in moto e con un sapore più forte di muli e trincea.
Oggi ci siamo messi in viaggio. L'Australiana è in grande forma e le parole sono quasi tutte sue. Il Ritrattista interviene con una discreta costanza, il Principe legifera, il Portaborse si limita a qualche domanda.



Prima di procedere con il racconto devo fare una premessa connessa con le ragioni che ci hanno portato qua (realizzare il progetto del Principe). Oggi abbiamo fatto nostra la convinzione che l'alfabetizzazione sia una questione di disponibilità, così come l'ignoranza - per converso - fa i conti con la repulsione. Con il favore del viaggio e dell'estate ci siamo lasciati andare in svariati argomenti. Alcuni li abbiamo sviluppati con una discreta profondità, altri sono invece appena accennati. In quanto portavoce del gruppo, mi scuso se qualcosa potrà apparire sopra le righe, ma sono sicuro che capirete essere parte essenziale del gioco.

1. Libertà. "Questi castelli sono un atto di libertà ....intendo dire, se ho la possibilità e la voglia di costruire qualcosa la costruisco come piace a me, senza impedimenti. " L'Australiana pronuncia la sentenza con entusiasmo e un po' di pudore. Forse ha negli occhi ha il sogno di Herzog e la forza visionaria di Kinski mentre interpreta Fitzcarraldo. Io che di straordinarietà e sospensione di solito sono goloso e mi vanto di esserne anche un po' studioso, penso invece alla perversa idea di libertà di Berlusconi: andate, godete e divertitevi. Berlusconi l'anarchico, cazzo che maledizione.
Intanto noi fissiamo un punto che per ora lasciamo come una nota a margine del processo di comprensione di questo progetto: il rapporto fra straordinarietà e comunicazione. Ovvero: se l'azione straordinaria è di per se comunicativa e attraverso lo scarto riesce a far saltare il senso del tempo e dello spazio ed intrecciare un nuovo racconto, la comunicazione anche quando è straordinaria, ha lo stesso valore? Io credo che molta arte degli anni '90 se letta con questo tipo di declinazione sia da rivalutare attentamente, penso inoltre che proprio questo elemento, nel clima di paradossale (ho cercato di mostrarlo) libertà di cui gode l'arte, possa essere un confronto di rilievo per chi sta plasmando la propria ricerca.
"Prendiamo degli spinaci?" "Io prendo un po' di yogurt e l'agnello al forno." "Faleminderit." "Faleminderit." Brindiamo al Ritrattista che a noi ospiti è il meno conosciuto.



2. Il posto peggiore. Il posto migliore. "Voglio sentire l'adrenalina della Città. Portami nel posto peggiore di Tirana." "Non ci sono più quei posti in Albania." "Si che ci sono." Mentre l'Australiana e il Principe discutono sul nascondiglio del desiderio, io seguo il cameriere nella sala matrimoni. E' molto grande, i tavoloni sono distribuiti in cerchio a partire da un palchetto con baldacchino in cui si accomodano gli sposi. Sul soffitto c'è una grande palla di vetro accompagnata da una cascata di luci gialle che scendono ad un paio di metri da terra. Al cameriere chiedo come l'hanno costruito: "Come l'hanno costruito?" "Lavoro e investire. Lavoro e investire." In Albania ci si sente come gli inglesi nel mondo. Tutti sanno risponderti nella tua lingua madre. Il cameriere ha un discreto italiano. Ha lavorato qualche anno ad Ancona, poi è dovuto rientrare. "Quando ho cercato di ritornare in Italia mi hanno chiesto troppi soldi per un visto, allora sono rimasto qua." "Perché si può comperare un visto?" Mi pare che non abbia compreso il mio stupore, infatti mi risponde come se si potesse trovare al negozio all'Auchan. "Il prezzo è variabile. Quando l'ho chiesto io costava 3000 euro." Ho capito.
Mi dice che ora sta bene qua. Con il proprietario sono amici e si conoscono da tempo. In effetti si muove nel castello con una certa libertà e senza premurarsi degli spinaci che abbiamo ordinato. "Ma il proprietario è ricco?" "No macché ricco, è una persona normale. Quando ha iniziato aveva solo la terra." "Perché ha deciso di costruire un castello?" "Per lavorare insieme, sono tre fratelli, avevano un pezzo di terra, mica pensavano che sarebbe venuto così grande in pochi anni." Prosegue: "I castelli piacciono. Se c'è un matrimonio, in quattro ore la sala grande frutta 10.000 euro." Perbacco.
Quando torno al tavolo sul fondo scorrono le note di "Azzurro" di Adriano Celentano. Deve essere una compilation: seguono: "Balla balla ballerino", "Caruso" e "L'anno che verrà" di Dalla. La riflessione che facciamo è che in fondo, ma neanche tanto, questi castelli non sono differenti dalle masserie del sud Italia, dalle ville per matrimoni nel napoletano, dal più chic agriturismo toscano con il maneggio o dalla falsa osteria milanese. Ad ognuno il suo.



3. Il comunismo e i castelli. Quando saliamo tutti insieme su una delle torri il cameriere illustra il panorama. "Dietro quella collina, in una vecchia casa, vive il proprietario, laggiù c'è Tirana, quello è l'ampliamento del castello, mentre quel grande edificio al di là della strada fra qualche mese sarà il più grosso centro commerciale del Paese."
L'Australiana dice: "Forse un'influenza l'ha avuta il comunismo. Sto pensando ai grandi palazzi dei membri del partito o alle residenze presidenziali. A forza di vedere questi giganti di fasto e impenetrabilità, qualcuno avrà pensato che quella fosse la via giusta per stare bene" Insomma sogni low-cost ad alta accessibilità. Caduta la retorica e i tentativi di condivisione dei beni, è rimasto quale unico significante lo sfarzo del privilegio. Cioè, e non mi pare il caso di questionare, è un fatto di gusto, anzi, nello specifico, di gusto comunista o post tale. Il che aimé fa ricorre ancora una volta la profezia della Cina che avanza. Manco fosse solo colpa loro.

4. Architettura. con le parole dell'Australiana: "non sempre è un'architettura, ma può essere una mancanza di architettura."

5. L'opera. "Io sono un po' confusa su cosa si debba considerare una buona opera." "Io sono emozionato perché collaboro a quest'opera." dice il Ritrattista "anch'io sono un artista." "In qualche sua pittura ci sono dei castelli?" "Si, in un paesaggio del mio paese natio." "Quando è caduto il comunismo hanno abbattuto dei monumenti?" chiedo io. "Si alcuni, ma nessuna opera d'arte" Risponde lui "i monumenti non sono opere d'arte?" incalzo io. "Quando un'opera d'arte è obbligata per me non ha valore come opera d'arte. Forse è un documento storico, ma non un'opera." Come tutti noi in questo viaggio proseguiamo col il dubbio e il sorriso, nell'augurio che l'uno non sia la dannazione dell'altro.

6. Il finto.
L'Australiana: "il finto non significa fallire."
Il Principe: "il falso può aiutare."
L'Australiana: "il sogno è l'altra faccia della verità."



7. Il principiante e l'amore. "Bisognerebbe essere sempre dei principianti. È un modo per buttarsi. Un getto di sano istinto non fa mai male. Questo però non deve precludere la conoscenza. La conoscenza è amore e l'amore è conoscenza. Più conosci e più sai apprezzare. Conoscere è una bellissima fatica, ma solo alla fine si può parlare di amore...cioè quando è troppo tardi... una volta presi uno schiaffo per aver detto a un mio ragazzo che l'amore è universale. L'amore che si dà bisogna sprecarlo... poi non ho ancora capito molto bene... quando mi sono sposata mia madre mi chiese come mai non mi sarei sposata in chiesa. Io risposi: Mamma mica pensi che starò insieme a lui tutta la vita?"
Il Portaborse: "Quando finiscono le storie?"
L'Australiana: "Dipende tutto dall'occhio."
"Dall'occhio?"
"Si, tu saresti disponibile a dare un occhio a Chiara?"

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